C’è anche un po’ di Italia nella storia di Novak Djokovic. Durante la sua crescita tennistica, oltre ad aver avuto la presenza fissa nel suo team dello storico coach Marian Vajda che l’ha seguito ininterrottamente dal 2006 al 2017 portandolo al trionfo in 12 tornei dello Slam, Djokovic ha anche collaborato per diverso tempo con ex giocatori come BumBum Becker che serviva e andava a rete, Agassi, che giocava da fondo e non andava a rete e Stephanek, ottimo giocatore di doppio. Prima di tutto questo però, Novak è stato seguito dall’italiano Riccardo Piatti (in passato allenatore di Ljubicic, Gasquet, Raonic e adesso Coric). Piatti è anche conosciuto ironicamente come il meccanico dei campioni, come lo definisce “Il Tennis Italiano” in una lunga intervista. Con il tennista serbo ha lavorato dall’autunno 2005 fino a giugno 2006. Di tanto in tanto Djokovic va ancora in “officina” da Piatti a farsi fare un “controllo” dei colpi. Infatti è anche grazie al lavoro svolto dall’italiano che Djocovik è diventato molto più incisivo sul servizio. Ma torniamo un po’ indietro nel tempo.
Novak Djokovic è nato il 22 maggio 1987 a Belgrado, in Serbia. Il padre, lo zio e la zia di Djokovic erano tutti sciatori professionisti, e suo padre eccelleva anche nel calcio, ma Djokovic era un prodigio del tennis. Ha iniziato a giocare all’età di quattro anni. Nell’estate del 1993, il bambino di sei anni fu avvistato dalla tennista jugoslava Jelena Genčić sul monte Kopaonik, dove i genitori di Djokovic gestivano un fast-food. Dopo aver visto Djokovic giocare a tennis, ha dichiarato: “Questo è il più grande talento che ho visto dopo Monica Seles”. Già da piccolo, il serbo dimostra di avere non solo talento ma anche le idee chiare sul futuro da intraprendere. In una intervista trovata sul web fatta a soli 7 anni, Novak dichiarerà che per lui il tennis è un obbligo, molto piacevole, non un gioco ed il suo obbiettivo è di diventare un campione. Genčić ha lavorato con il giovane Djokovic nei successivi sei anni prima di rendersi conto che, sia a causa del suo rapido sviluppo che a causa dei continui bombardamenti da parte della NATO su Belgrado, andare all’estero alla ricerca di un maggiore livello di competizione e sicurezza era l’opzione migliore per il suo futuro.
Djokovic, in quel periodo, sarà obbligato insieme alla sua famiglia a festeggiare il suo 12esimo compleanno in un rifugio antiaereo. Il campione ha in passato dichiarato che le difficoltà della guerra lo hanno spinto a perseguire la carriera da tennista con una determinazione ancora maggiore. Questo ha fatto crescere in lui quella voglia di vincere e giocare in modo perfetto e sublime. Quando ciò non avviene tutta la sua frustrazione si scaglia sulle povere racchette, come spesso abbiamo assistito in televisione quando perde un punto importante.
Grazie alla Genčić, considerata da Djokovic una seconda madre, nel settembre 1999 si trasferisce alla scuola di tennis Pilić a Oberschleißheim, in Germania, trascorrendo quattro anni a studiare e ad allenarsi. Nel 2001, all’età di soli 14 anni, inizia la sua carriera da professionista a livello internazionale, vincendo i campionati europei in singolare e partecipando alla finale della Coppa Davis Junior. Dopo una costante ascesa ai massimi livelli dello sport, vince l’Australian Open nel 2008 e guida la nazionale serba a vincere la sua prima Coppa Davis nel 2010. Nel 2011, vince tre dei quattro tornei del Grand Slam e riuscirà a completare una striscia di 43 vittorie consecutive prima di diventare n°1 di quello stesso anno.
Rimane ancora l’unico giocatore al mondo ad aver raggiunto tale traguardo di vittorie continue. Come rimane ancora l’unico giocatore al mondo ad aver vinto almeno una volta tutti e 9 i Master 1000. Dopo esser stato protagonista del circuito assieme ai suoi colleghi-rivali Federer Nadal e Murray per diversi anni, nel 2016 arriva la prima grandissima delusione alle Olimpiadi di Rio del 2016. Il sogno di vincere una medaglia alle Olimpiadi svanisce a causa della sconfitta subita da Del Potro al secondo giorno di competizione con un punteggio di 7/6 7/6. Malgrado aver lasciato il campo in lacrime, Djokovic sempre onesto nei confronti dei suoi avversari vittoriosi, avrebbe ammesso la superiorità di Del Potro perché “un giocatore migliore” quel giorno.
Dopo alcuni risultati deludenti nelle prime fasi del 2017, tra cui una sconfitta al secondo turno all’Australian Open, Djokovic annuncerà che rimarrà fuori per il resto della stagione per aiutare il suo gomito destro malato a recuperare. Alla fine D. subira’ un intervento chirurgico al gomito dopo la sua sconfitta al quarto turno all’Australian Open 2018, e dopo un pallido esordio nei primi tornei disputati al rientro nel mese di Marzo, nell’estate supererà Nadal in una semifinale maratona in cinque set a Wimbledon, e sconfiggerà Kevin Anderson per rivendicare il tredicesimo titolo del Grande Slam della sua carriera. Djokovic ha conquistato il suo quattordicesimo titolo del Grande Slam e la terza vittoria degli Open degli Stati Uniti del 2018 contro Juan Martín del Potro. Nella finale dell’edizione degli Australian Open del 2019, ha sconfitto Nadal per ottenere il settimo successo, record assoluto, e il suo quindicesimo Slam.
Grazie alla sua fenomenale agilità e al suo tipo di gioco, Djokovic è considerato da molti un giocatore universale capace di trovarsi a proprio agio su tutte le superfici, erba, terra, cemento e sintetico. Giocatore completo, potente e dal servizio precisissimo, ha nella risposta al servizio la sua arma principale, con cui destabilizza l’avversario per poi manovrarlo sul campo prima di concludere il punto con un vincente. Dal carattere sicuro è anche conosciuto per le forti affermazioni fatte in passato quando sosteneva di essere il migliore ed il futuro numero 1 anche quando perdeva. Adesso che può essere sicuro di aver affermato il vero, Djokovic spesso si diverte a far ridere il pubblico durante gli allenamenti (ma anche in partita se la situazione lo permette), imitando i gesti ed i suoni fatti dai suoi colleghi tennis. Sia maschi che femmine. Fa parte del personaggio, tra rabbia e ironia. Fa parte di Novak Djokovic.