Damian Lillard gara 5 dei quarti di finale, Thunder-Blazers, 115 pari. Il cronometro dice che ci sono 32 secondi da giocare, palla in mano a Westbrook. Penetrazione, tiro forzato… non va. Rimbalzo Blazers e palla, ovviamente, a Damian Lillard. 13 secondi a disposizione, tutto il tempo necessario per organizzare un attacco e provare a vincere la partita. Invece no, Lillard si prende l’isolamento contro Paul George. Fa scorrere il tempo, esita. 5… 4… 3… 2… 1… tripla senza senso dal logo… BANG!!! Moda Center che esplode e bagno di folla per lui, DAME TIME LILLARD, uno dei giocatori più devastanti dell’NBA attuale.
“Non vediamo l’ora di poterci giocare questa nuova opportunità ai playoff: vogliamo farci perdonare”
Tiro improvviso ma che parte da più lontano, precisamente nel 1990, 15 luglio, giorno in cui ad Oakland nacque Damian Lillard.
“Non affliggerti a motivo dei malvagi; non portare invidia a quelli che operano perversamente, perché saranno presto falciati come il fieno e appassiranno come l’erba verde.”
Queste le parole con le quali comincia il Salmo 37 che Damian Lillard ha tatuato sulla spalla, quasi dovesse ricordargli sempre chi è e da dove viene.
In effetti, per usare un eufemismo, Oakland non è una città tra le più sicure, anzi è saldamente nella top 5 delle città per omicidi annuali.
La sua famiglia risiede nella parte Est della città, a Brookfield Village, zona conosciuta più per i crimini commessi che per altro. Il giovane Damian, però, non vuole avere nulla a che fare con la diffusa criminalità di quelle zone. Ed ecco che le parole impresse nella spalla assumono valore.
A pochi isolati dalla Oracle Arena, Damian Lillard inizia a costruire la passione per la pallacanestro trascorrendo le intere giornate in un centro ricreativo situato lì vicino, il BrookField Rec.
Sin da giovane sono evidenti in lui le caratteristiche che lo contraddistinguono tutt’ora: un’aggressività in campo tipica di chi non ha paura di nessuno e la voglia di migliorarsi costantemente, nonostante questo implichi il passare le giornate a lavorare sui fondamentali anziché in giro con gli amici.
High School e College
I primi passi nella vera pallacanestro non sono dei più semplici. Cambia ben 3 High School, passando per la St. Joseph Notre Dame High School in Alameda (California) nell’anno da Sophomore. Ai più attenti questa scuola suonerà familiare: è da qui, infatti, che è uscito Jason Kidd. A causa dei pochi minuti concessigli, Lillard si trasferisce nuovamente, decidendo di portare il suo talento alla Oakland High School dove, nei successivi due anni, esplose mantenendo 22.4 punti e 5.2 assist di media. Nonostante ciò, Lillard non era considerato molto appetibile dai vari college (solo due stelle di rating) e decise quindi di accettare l’unica proposta pervenutagli, quella del Weber State University. L’impatto a WSU è subito notevole. Al primo anno tenne 11.5 punti di media che gli valsero il titolo di “Freshman of the Year”. L’anno successivo Lillard alzò tutte le voci statistiche portando a 19.9 i punti di media ad allacciata di scarpe. L’infortunio al piede subito nel corso del terzo anno lo limitarono, ma al quarto ed ultimo anno tornò con una determinazione mai vista chiudendo la stagione a 24.5 punti di media, venendo riconosciuto dai massimi esperti come uno dei talenti più cristallini provenienti dal college. Questa considerazione lo spinse a rendersi eleggibile al Draft 2012, concludendo la sua carriera universitaria al secondo posto nella classifica marcatori di WSU.
Icona Blazers
In quello che è stato il Draft di Anthony Davis come prima scelta, Damian Lillard viene chiamato alla 6 dai Portland Trail Blazers, dietro a Thomas Robinson scelto alla quinta dai Kings, che l’anno prima avevano scelto alla 60 Isaiah Thomas e non cercavano un’altra PG (scelta saggia?). Qui inizia la storia di Lillard, che da subito si impone come leader vincendo all’unanimità il premio di Rookie of the Year dopo aver chiuso la stagione a 19 punti di media.
L’anno successivo Damian dimostra di non volersi accontentare, alzando la sua media punti e venendo convocato all’All Star Game. La sua stagione da giocatore vero coincide con un ottimo record di squadra (52-28) che proietta i Blazers ai PO, dove trovano gli Houston Rockets al primo turno. Gara 6 di quella serie diventa iconica: Blazers sotto di un punto, palla a Lillard che in un amen sgancia la bomba sulla sirena che decreta la vittoria della serie e l’approdo al secondo turno PO dopo ben 14 anni. L’epilogo, però, è agrodolce in quanto i Blazers trovano sulla loro strada gli Spurs, i quali prima di laurearsi campioni, si sbarazzano di Portland.
Caduta e risalita
“Lunga ed impervia è la strada che dall’inferno si snoda verso la luce”
L’astro di Damian Lillard sembrava in ascesa, invece i successivi anni si rivelano più difficili del previsto. Nonostante cifre rispettabili e un talento indiscutibile, i risultati tardano ad arrivare ed i mormorii che vogliono la coppia Lillard-McCollum non adatta a vincere si fanno sempre più insistenti, tant’è che i più cominciano ad interrogarsi sul futuro della coppia stessa, invocando addirittura trade. Lillard comincia a sentirsi snobbato e dentro lui cresce la sete di rivalsa. Le mancate convocazioni all’All Star Game sembrano minare l’immagine di Lillard facendo pendere l’asticella del giudizio verso il “bello ma incompiuto”. Arrivano così i playoff 2017-2018.
I Blazers si presentano come “third seed” e sembra l’occasione perfetta per mettere a tacere le voci troppo presenti nel panorama NBA. L’avversario al primo turno sono i Pelicans, orfani dell’infortunato Cousins, non di certo un avversario impossibile. Quello che accade, invece, è incredibile: Blazers sulle ginocchia e serie finita prima ancora di cominciare. 4-0 senza storia in favore di New Orleans e Rip City che vede svanire le speranze riposte in Lillard e soci.
Una simile batosta avrebbe minato il morale di chiunque. Ma se ti chiami Lillard e sei abituato alle difficoltà da quando sei bambino, nulla può farti paura. Due sole sono le parole d’ordine: “Duro lavoro”. Nella testa di Lillard l’obiettivo diventa uno soltanto, vendicare l’onta dei Playoff. Terzo posto in regular season, OKC al primo turno. Favori del pronostico tutti per i Thunder. Il resto della storia, però, già lo conoscete.
“5.. 4.. 3.. 2.. 1.. Lillard From the logo… BANG!”