Vita, opere e miracoli di Clarence Seedorf: il professore della Champions League.

“Ricordo la prima partita in cui l’ho visto giocare. Era contro l’Auxerre, giocava nell’Ajax. Fu una cosa strana, perché quando è entrato, comandò da subito il gioco e gli altri giocatori davano tutti la palla a lui.
Qual è la cosa strana? Aveva 16 anni…”.

Basterebbe questa frase di Lilian Thuram per descriverlo, per descrivere ciò che era in campo, Clarence Clyde Seedorf da Paramaribo, uno dei calciatori più vincenti della storia del calcio moderno.

Cresce nell’Ajax dove diventa, a 16 anni e 242 giorni, il più giovane calciatore di sempre ad aver giocato con la maglia dei lancieri. In patria vincerà due campionati e la sua prima Champions League, a diciott’anni,  in finale contro i campioni in carica del Milan di Fabio Capello. Lo stesso Capello che lo volle poi a tutti i costi al Real Madrid due stagioni dopo, quando l’olandese era passato alla Sampdoria.

Anche in Spagna confermerà di essere uno dei maggiori talenti in circolazione. Ma a spiccare come già detto, è la sua personalità in campo, nonostante l’età.

C’è un altro aneddoto, raccontato da Fabio Capello, che descrive perfettamente il forte carattere dell’olandese.

“Quando parlavo io nello spogliatoio tra il primo e il secondo tempo, non volevo che parlasse nessuno, perché avevo già poco tempo per dare indicazioni alla squadra e non volevo lo si sprecasse inutilmente. Una volta però al Real, ero in piedi a parlare davanti ai giocatori seduti che ascoltavano in silenzio, quando ad un certo punto si alza un giocatore. Era un giovane, e mi dice “No, io penso che dovremmo fare invece questo, questo e questo…”. Così mi sono avvicinato a questo giocatore, mi sono tolto la giacca e gliel’ho data, poi ho detto alla squadra “Avete un nuovo allenatore” e sono uscito dallo spogliatoio… Quel giocatore tra l’altro l’avevo fatto prendere io. Aveva 20 anni, era Clarence Seedorf…”

In tre stagioni e mezzo vincerà coi blancos il titolo spagnolo, la sua seconda Champions League, attesa dal popolo madridista da ben trentadue anni, e l’Intercontinentale.

Poi però, a Madrid le cose cominciano a non andare bene, con il nuovo allenatore Vicente Del Bosque l’amore non sboccerà e il centrocampista deciderà così di far ritorno in Italia, accettando la corte dell’Inter di Moratti.

Nella Milano nerazzurra saranno anni strani, dove la squadra, piena zeppa di campioni, non riuscirà comunque a vincere nulla. Tutti hanno in mente la sua strepitosa doppietta alla Juventus, ma i tifosi interisti e forse anche lui, ricorderanno più quel famoso 5 maggio 2002, giorno in cui l’Inter perse maldestramente lo scudetto in casa della Lazio.

Quell’estate sarà molto movimentata in casa nerazzurra e Clarence si ritroverà così improvvisamente al Milan in uno dei più famosi scambi tra “cugini” di quegli anni, con Francesco Coco dirottato sull’altra sponda del Naviglio.

Se non fu “l’acquisto del secolo” per il diavolo, poco ci mancava. In rossonero Clarence passerà senza dubbio i migliori anni della sua gloriosa carriera. Dalle parti di Milanello è stato per quasi dieci anni il “professore” e non solo perché parla perfettamente sei lingue.

In rossonero diventa subito perno imprescindibile dello scacchiere tattico di Carlo Ancelotti, formando con Pirlo, Gattuso e Rui Costa uno dei centrocampi più forti di sempre.

Al suo primo anno vince la coppa Italia ma soprattutto la sua terza Champions League, la sesta per il diavolo, nell’indimenticabile finale a tinte tricolori con la Juventus. L’anno successivo è la volta del suo primo scudetto e della sua prima Supercoppa italiana.

Il 2005 è l’anno della maledetta notte di Istanbul: il Milan, in vantaggio per 3-0 al 45′ sul Liverpool, si fa rimontare 3-3 arrivando sino ai calci di rigore, persi dai rossoneri. Il morale della squadra è a terra, in molti pensano di andare via, ma lui pochi giorni dopo si è già lasciato tutto alle spalle, da gran vincente qual è. Insieme a Maldini e uno dei primi a trasmettere sicurezza e mentalità al gruppo per ripartire più forti di prima.

Ed esattamente due anni dopo, il Milan avrà la sua rivincita.

Destino ha voluto che a sfidare il team di Ancelotti in finale di Champions League ci fosse ancora una volta il Liverpool. I Reds saranno abbattuti sotto i colpi di super Pippo Inzaghi: la vendetta è servita e Clarence potrà così alzare la sua quarta personale Coppa dalle grandi orecchie.

Ad agosto il Milan ottiene il successo in Supercoppa Europea contro il Siviglia e a dicembre quello nel Mondiale per club. Nel 2011, a sette anni di distanza, Seedorf conquista il suo secondo e ultimo scudetto. Ad agosto vince il suo ultimo titolo italiano, la Supercoppa 2011.

Nel 2012, dopo 10 lunghi anni di onorato servizio e 9 trofei conquistati, Clarence Seedorf lascia il suo tanto amato Milan, per chiudere la carriera, il Brasile, nel paese di sua moglie.

E quando, finito il grande ciclo rossonero, si trasferisce in terra brasiliana, tutti quelli che non lo conoscevano personalmente, compresi gli stessi tifosi del Botafogo, squadra nella quale si trasferì, pensarono ad un suo finale di carriera ‘soft’, fra spiaggia e relax. Non sarebbe stato il primo, dopo tutto.

Ma già dal giorno della presentazione Clarence, in perfetto portoghese, salutò i tifosi, promettendo che avrebbe lavorato sodo già dalla settimana seguente, spiazzando tutti.

L’impatto fu impressionante.

Vince subito il campionato 2013 distribuendo gol, assist e magie, e a fine stagione viene nominato anche “miglior giocatore del campionato”. E menomale che doveva andare in vacanza…

Il giornalista sportivo brasiliano Jack Lang, in un lungo articolo su ESPN sul calcio brasiliano, parlo così di lui: “Sulla palla è incredibilmente calmo, come ti aspetteresti da uno al 21esimo anno della propria carriera. Non cerca il grande gesto tecnico, se non il tiro fenomenale che lui ha, ma di economizzare i movimenti e di limitare gli scatti brucia-polmoni. In un paese così famoso per i giocatori incredibilmente dotati, è sorprendente notare quanto l’astuzia tattica e l’intelligenza possano fare la differenza…”.

Ecco, quest’ultima frase credo descrivi perfettamente ciò che è stato da giocatore l’olandese.

Astuzia tattica, intelligenza superiore alla media, abbinate ad una classe infinita: tutti a lezione da professor Clarence Seedorf.

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Francesco Bartoletti

Francesco nasce a Napoli nel pieno degli anni 60. Ha vissuto a Roma da quando era adolescente. Appassionato di basket e calcio ha però un amore sconfinato per qualsiasi tipo di sport. Scrive su testate sportive da circa 30 anni e ha abbracciato in pieno il progetto de Loschema.it.