Di bidoni in serie se ne sono visti tanti. Alcuni ci hanno fatto disperare, altri nella loro inettitudine ci hanno persino suscitato un minimo di simpatia. Idolatrati dai tifosi delle squadre avversarie e motivo di vergogna per i propri colori, i bidoni sono comunque una parte divertente e ricordata della storia del campionato italiano.
Vediamo in rassegna alcuni di questi, magari i più famosi ed iconici, entrati nella memoria dei tifosi italiani dalla porta sbagliata, ma capaci di suscitare ancora oggi un sorriso.

Luis Silvio – Pistoiese 80/81

Nel 1980 il calcio italiano riapre le frontiere ai giocatori stranieri, ed ogni squadra si mette alla caccia del campione. La Pistoiese deve affrontare il primo (e finora unico) campionato di massima divisione della propria storia. Si fa suggestionare dal fascino del calcio brasiliano, e porta in Italia tale Luis Silvio Danuello. La leggenda vuole che fosse stata organizzata una partita ad hoc per ingannare i dirigenti toscani giunti in Brasile per vedere il giocatore: in quel match Luis Silvio sbaraglia gli avversari e la Pistoiese lo porta in Italia non senza trionfalismi. Nel nostro campionato Luis Silvio non è altro che un giocatore dilettante catapultato in serie A, ogni domenica rimedia figure piuttosto magre, ma per questa sua parabola così vicina alle scenette della commedia all’italiana, diventa una sorta di mito, il totem di tutti i bidoni che arriveranno di li in poi. Su di lui fioriscono leggende di ogni tipo, che lo vedono venditore di bibite allo stadio di Pistoia, e finanche attore di film hard. Quello che è certo è che Luis Silvio Danuello non era assolutamente un calciatore.

Renato – Roma 88/89

Assieme a Renato si dovrebbe in realtà citare anche il connazionale Andrade arrivato con lui nella capitale nel 1988. Ma Renato è il vero colpo di quell’estate, un idolo assoluto in patria, pronto a rinverdire i fasti di Falcao in maglia giallo rossa. Le prime amichevoli estive sono anche confortanti, Renato è un calciatore vero, strutturato fisicamente e con una eccellente tecnica. Il problema in questo caso è la testa del calciatore. Ben presto il brasiliano si fa notare di più sulle piste da ballo romane che sul terreno dell’Olimpico, e del Renato calciatore si perdono immediatamente le traccie. Anche il suo modo di giocare si dimostra inadatto al calcio italiano, risultando quindi uno dei più colossali bidoni della storia della Roma.

Darko Pancev – Inter 92/93

Darko Pancev, arriva in Italia nel 1992 sulla scia dei trionfi con la Stella Rossa di Belgrado a cavallo tra gli anni 80 e 90. Con uno dei tanti soprannomi curiosi per i calciatori, viene chiamato il ramarro, per la sua rapidità nei movimenti. Bene, in Italia, tutto questo non si vedrà mai. Il binomio Pancev Inter non decollerà mai, e il bomber macedone è destinato ad iniziare una lunga sequenza di bidoni della squadra nerazzurra che si prolungherà per tutto il decennio fino agli anni 2000. Pancev in Italia non si esprimerà mai a livelli decenti, e sarà motivo di ironie per tutte le tifoserie della serie A. Del resto in patria doveva tramutare in gol gli assist di Savicevic e Prosinecki, in pratica chiunque avrebbe potuto essere il bomber di quello squadrone. Insomma la dirigenza interista prese un clamoroso abbaglio.

Vampeta – Inter 00/01

Con i bidoni acquistati dall’Inter tra anni 90 e 2000 si potrebbe scrivere un libro. Uno dei più clamorosi è stato senza dubbio Vampeta, innamoramento di mezza estate del presidente Moratti costato però parecchi miliardi di vecchie lire. Non contenta delle cantonate prese con i vari Rambert, Caio, e Gilberto da Silva Melo (che si scopri non essere nemmeno un giocatore di calcio a 11), la dirigenza nerazzurra mette a disposizione di Marcello Lippi questo centrocampista che dovrebbe essere veloce e tecnico. Il risultato è assolutamente disastroso, Vampeta giocherà appena 8 partite in stagione, non riuscendo mai a dimostrare nemmeno un briciolo di quelle qualità intraviste in due buone partite di Copa America disputate nell’estate 2000. Diviene più famoso per essere diventato un icona gay, e per aver consentito all’Inter di acquistare Adriano nell’operazione che riporterà Vampeta al Flamengo.

Dario Smoje – Milan 97/98

Il Milan 97/98 è un discreto serbatoio di bidoni, cosa inusuale per una formazione di Capello. In quell’estate la dirigenza rossonera vince la concorrenza della Juve per accaparrarsi un promettente diciannovenne croato che corrisponde al nome di Dario Smoje. Sembra il centrale del futuro, forte fisicamente ed a proprio agio con la palla tra i piedi. Invece si rivela un bidone colossale, assolutamente inadatto al livello della serie A, e sorge il dubbio che l’interessamento juventino fosse solo una tattica per alzare il prezzo. Il centrale croato sarà girato in prestito prima al Monza e poi alla Ternana prima di perdere ogni speranza di recupero e lasciarlo libero di vagare tra le squadre di mezza europa.

Juan Esnaider – Juventus 98/99

Nemmeno la Juve è esente dalla tassa dei calciobidoni. Nella disgraziata stagione 98/99, complice l’infortunio di Del Piero, la triade bianconera opera due acquisti nel mercato di Gennaio per arginare l’emergenza in attacco. Arrivano Titì Henry, ed Juan Esnaider che dovrebbe essere il pezzo da novanta, il bomber che mette fantasia all’attacco bianconero. Infatti Carletto Ancellotti relega Henry al ruolo di esterno di centrocampo e mette le chiavi dell’attacco in mano all’argentino appena arrivato dalla Liga. Non proprio un’idea geniale. Esnaider non troverà mai il feeling con i compagni, con i tifosi, ma ancora più importante, con il gol. Dopo appena sei mesi la dirigenza bianconera gli fornisce il foglio di via, archiviando uno dei rari bidoni di mercato bianconeri.

Saadi Gheddafi – Perugia 03/04

Ecco, qui il calcio non c’entra per niente. Nel 2003 il bizzarro e vulcanico presidente Gaucci decide di portare in Italia nientemeno che Saadi Gheddafi, il figlio del famoso dittatore libico. Nella conferenza di presentazione spiega inoltre a tutto il calcio italiano che vi sono anche delle motivazioni tecniche alla base di questo acquisto, ritenendo Gheddafi un valido elemento. Non è dello stesso avviso l’allenatore Serse Cosmi, che lo manderà in campo una sola volta volta, per uno spezzone di partita verso fine campionato. In effetti il figlio di Gheddafi è tutto fuorché un calciatore professionista: è più che altro un calcio amatore con possibilità economiche illimitate che gli consentono di girare di squadra in squadra fingendosi un calciatore professionista. Dopo il Perugia farà anche un’apparizione con la maglia dell’Udinese e qualche fugace allenamento con la Sampdoria.

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Francesco Bartoletti

Francesco nasce a Napoli nel pieno degli anni 60. Ha vissuto a Roma da quando era adolescente. Appassionato di basket e calcio ha però un amore sconfinato per qualsiasi tipo di sport. Scrive su testate sportive da circa 30 anni e ha abbracciato in pieno il progetto de Loschema.it.